La formazione in ambito Cybersecurity non è mai stata sulla cresta dell’onda come questo periodo. Tra annunci di ransomware che bloccano le proprie vittime, KillNet che dichiara di mettere in ginocchio tutta l’Italia, Anonymous che promette di difenderci e contrattaccare al Russia ci si mette anche l’autorità nazionale per la cybersicurezza che annuncia di assumere nei prossimi 3 anni n-mila esperti di cybersecurity con n grande a piacere.
A parte gli scherzi, è vero che la richiesta di esperti in questo settore è notevolmente aumentata e che il classico skill shortage, in pratica differenza tra domanda e offerta, è in continuo aumento, ma è altrettanto vero che quando si parla di “Cybersecurity” si parla di aria fritta!
Le squadre blue conoscono bene lo stress del difensore: “troppi eventi in troppo poco tempo”.
Il tempo di reazione è una chiave interpretativa della qualità di un servizio di difesa; ma perché possa essere valutato il tempo di reazione, il tempo di azione della minaccia deve essere sufficientemente dilatato da consentire il tempo di intercettazione, comprensione, ed infine di reazione.
Dal punto di vista della prevenzione, invece, il tempo può essere considerato in relazione alla conoscenza dell’esistenza di una vulnerabilità e alla costatazione della sua presenza nel perimetro (Vulnerability Identification), al fine di misurare poi il tempo necessario a che la vulnerabilità sia sanata (Remediation), ammesso che sia già noto un metodo. L’urgenza dell’intervento correttivo è un ulteriore parametro in gioco (nel momento che esistano soluzioni) nella realizzazione di un “Remediation Plan”, in quanto il tempo a disposizione per risolvere è comune a tutte le problematiche, pertanto per avvicinare il momento che sani la vulnerabilità più insidiosa occorre fare delle scelte.