La privacy sta attraversando una trasformazione radicale nell’era dell’intelligenza artificiale agentica. Fino a poco tempo fa, la protezione dei dati veniva considerata un problema di perimetro, basato su strumenti di controllo come autorizzazioni e policy. Tuttavia, con l’avvento di AI in grado di agire in modo semi-autonomo, la privacy non è più solo una questione di controllo, ma di fiducia. Quando l’AI diventa un agente, non si limita a gestire i dati sensibili, ma li interpreta, deduce informazioni implicite e agisce secondo modelli interni che possono evolvere nel tempo.
Gli agenti AI oggi sono presenti in molti aspetti della quotidianità: gestiscono appuntamenti, suggeriscono decisioni sanitarie, filtrano notifiche e interpretano comportamenti. Questo livello di autonomia comporta che la privacy non sia più solo determinata da chi accede ai dati, ma da ciò che l’AI decide di condividere, omettere o sintetizzare, e dal modo in cui i suoi obiettivi rimangono allineati a quelli dell’utente.
Un esempio concreto è un assistente sanitario AI che, oltre a consigliare abitudini salutari, potrebbe arrivare a valutare lo stato emotivo dell’utente, decidendo quali notifiche mostrare o nascondere. In questo scenario, l’utente non cede solo i dati, ma anche il controllo sulla narrazione della propria identità digitale. La privacy si erode non per una violazione evidente, ma per un graduale spostamento di potere tra persona e sistema.
Le tradizionali regole di sicurezza informatica, come il modello CIA (Confidenzialità, Integrità, Disponibilità), non sono più sufficienti. È necessario introdurre nuovi concetti, come autenticità e veridicità, che rappresentano il fondamento della fiducia. Tuttavia, la fiducia è fragile quando viene mediata da un’intelligenza artificiale.
A livello normativo, leggi come GDPR e CCPA si basano su sistemi lineari e transazionali, mentre l’AI agentica opera in contesti dinamici e proattivi. L’AI può ricordare ciò che l’utente dimentica, intuire informazioni non dichiarate e condividere sintesi con soggetti esterni, spesso senza un controllo diretto dell’utente stesso.
La nuova sfida è quindi costruire sistemi AI che comprendano il senso profondo della privacy e siano progettati per trasparenza e intenzionalità, in grado di spiegare le proprie azioni e adattarsi ai valori in evoluzione degli utenti. Bisogna inoltre prevedere i rischi di “tradimento” dell’agente, quando incentivi o leggi esterne potrebbero prevalere sulla volontà dell’utente.
Affrontare queste sfide richiede un nuovo contratto sociale e giuridico, dove l’agency dell’AI sia riconosciuta come questione morale e legale, e dove la privacy non sia solo questione di segretezza, ma di allineamento, reciprocità e governance.