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La cybersecurity vive da anni una contraddizione profonda. Da una parte cresce in modo vertiginoso la domanda di Ethical Hacker, SOC Specialist, Digital Forensic Expert e Information Security Officer; dall’altra le aziende faticano sempre più a trovare figure realmente qualificate. È il risultato di uno skill shortage strutturale, che non sembra destinato a ridursi nel breve periodo. E nei vuoti del mercato, si sa, proliferano spesso scorciatoie, improvvisazioni e soluzioni apparenti che promettono risultati rapidi ma che non aggiungono alcun valore reale.
È esattamente in questo spazio che nascono le cosiddette Fake Certifications: attestati privati che vengono commercializzati come “certificazioni professionali”, ma che non possiedono alcun riconoscimento effettivo, né sul mercato italiano, né in ambito internazionale. Sono documenti privi di fondamento normativo, consegnati a fronte di esami inconsistenti o addirittura inesistenti, distribuiti come se fossero titoli abilitanti. Nella maggior parte dei casi valgono meno della carta sulla quale vengono stampati.
Il problema è che molti corsi riproducono con abilità il linguaggio delle certificazioni serie, promettono percorsi rapidi e utilizzano una terminologia che crea ambiguità: “certificazione”, “titolo professionale”, “riconoscimento internazionale”. A volte chi offre questi percorsi è uno stesso docente che si improvvisa esaminatore, oppure un’azienda che crea un proprio sistema di attestazione scollegato da qualsiasi norma tecnica. In un settore che richiede rigore scientifico e competenze solide, vendere illusioni non è solo scorretto: è pericoloso.
Per capire qual è la differenza tra una certificazione vera e una Fake Certifications, bisogna chiarire un punto fondamentale: in Italia il valore di una certificazione professionale non deriva dalla buona volontà di chi la rilascia, ma dalla sua conformità alle norme nazionali e alla legislazione vigente. È un concetto che molti ignorano, spesso non per malizia ma per mancanza di informazioni.
Nel nostro Paese, infatti, una certificazione è riconosciuta sul mercato italiano solo se rispetta due condizioni imprescindibili: la conformità ai profili professionali definiti dalle norme UNI, come la UNI 11621-4:2024 e l’inquadramento all’interno della Legge 4/2013, che disciplina le professioni non organizzate in Ordini o Collegi. Proprio questi criteri garantiscono che il titolo ottenuto sia coerente con un profilo professionale chiaro, verificabile e costruito secondo parametri condivisi a livello nazionale.
Dall’altra parte esiste un ulteriore livello: il riconoscimento internazionale. Questo non dipende dalle norme UNI né dalla Legge 4/2013, ma dall’accreditamento dello schema di certificazione secondo lo standard ISO 17024:2012. Una certificazione accreditata 17024 è automaticamente riconosciuta all’estero grazie agli accordi multilaterali che Accredia ha siglato con EA, IAF e ILAC.
In questa distinzione si trova la chiave per smascherare le Fake Certifications. In Italia, infatti, non esiste alcun valore legale o professionale se una “certificazione” non è basata su profili UNI e non è inquadrata nella Legge 4/2013. E non esiste alcun riconoscimento internazionale se la certificazione non è accreditata ISO 17024. Tutto ciò che non rispetta queste condizioni resta un attestato privato, utile solo come ricordo, non come titolo spendibile.
È proprio in questo scenario che si inserisce CybersecurityUP, il sistema di certificazioni professionali sviluppato da Fata Informatica. Le certificazioni rilasciate dall’ente sono oggi l’unico riferimento italiano pienamente conforme ai profili UNI 11621-4:2024 e 11506:2021, pienamente riconosciute dalla Legge 4/2013 e accreditate secondo lo standard internazionale ISO 17024:2012. Questa affermazione non proviene da un’autodichiarazione, ma da un documento ufficiale di Accredia nel quale l’Ente Unico di Accreditamento designato dallo Stato italiano conferma in modo formale e inequivocabile il riconoscimento delle certificazioni di Fata Informatica. Questa comunicazione è consultabile anche online, nella sezione dedicata alle certificazioni professionali sul sito cybersecurityup.com/certificazioni.
Questo significa che un Ethical Hacker, un SOC Specialist, un Digital Forensic Expert o un CISO certificato da Fata Informatica non riceve semplicemente un titolo: ottiene un riconoscimento professionale valido per legge in Italia e spendibile, ove previsto, anche in contesti europei e internazionali. Significa anche che ogni esame viene svolto con prove pratiche, valutazioni reali, commissioni indipendenti e piena conformità agli standard richiesti agli Organismi di Certificazione riconosciuti.
In un settore dove la competenza non è un optional, ma una condizione essenziale per proteggere sistemi, aziende e infrastrutture critiche, la differenza tra una certificazione vera e una Fake Certifications non è solo simbolica: è la differenza tra un professionista affidabile e uno potenzialmente pericoloso.
La cybersecurity ha bisogno di verità, trasparenza e rigore.
Non di scorciatoie.
Non di illusioni.
Non di certificazioni che non valgono nulla.
Fata Informatica nasce per ristabilire questo equilibrio, garantendo percorsi seri, verificati, riconosciuti e costruiti come strumenti di crescita professionale reale.
Il settore lo merita. E i professionisti anche!