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Le notizie di sicurezza informatica ci hanno ormai abituato a pensare che l’app store dei dispositivi Apple con iOS sia molto più sicuro del Play Store, appartenente ai device con Android e sue distribuzioni. Se quest’affermazione risulta essere incontrovertibile, essa non fa il paio però con un’altra affermazione che molto spesso sentiamo proferire da esperti (o presunti tali) del settore, e cioè che i dispositivi made in Cupertino siano del tutto impermeabili a virus, malware e tentativi di truffa informatica.
Fra gli appassionati di smartphone, è fatto noto come tra iOS e Android sia il dispositivo con il robottino verde a essere il più vulnerabile, anche se negli ultimi mesi Google pare aver preso coscienza delle falle di sicurezza presenti sui propri terminali attivando una massiccia operazione di rafforzamento della sicurezza degli smartphone con sopra installate distribuzioni del sistema operativo made in Palo Alto;
Con il passare degli anni, i telefoni cellulari sono diventati sempre più imprescindibili nella nostra quotidianità: molti di noi hanno (almeno) uno smartphone, e alcuni hanno persino più dispositivi per lavoro o motivazioni simili. Ormai anche gli anziani e i giovanissimi sembrano sempre più “contagiati” dalla digitalizzazione, e sono sempre più rari i casi di individui non in possesso di uno smartphone o di un dispositivo analogo. Non è un’affermazione peregrina dire che molti di noi non potrebbero passare più di qualche ora offline!
Dopo diverso tempo dall’ultima sortita, torna a colpire Anonymous, il collettivo di hacker “giustizieri” balzato in passato agli onori delle cronache per il suo modus operandi “filosofeggiante” e anticonformista. Per chi non lo sapesse, gli Anonymous nascono nei prodromi degli anni 2010 con lo scopo di smascherare le “malefatte” dei governi e delle multinazionali a loro dire colpevoli di traviare la società; i loro toni e i loro costumi si rifanno all’universo narrativo della
Come vi avevamo già accennato in un nostro articolo di qualche giorno fa, Unicredit ha recentemente confermato le indiscrezioni giornalistiche di settore riguardanti un colossale data breach nel proprio database aziendale. In particolare, tale violazione (che risale addirittura al 2015!) avrebbe compromesso le informazioni anagrafiche e personali di oltre tre milioni di titolari di conti corrente
Con il progresso tecnologico sono sempre di più le innovazioni volte a semplificarci la quotidianità: basti pensare alla diffusione capillare della domotica, a lavatrici che programmano e asciugano il bucato, a frigoriferi con tablet che senza aprirli ti dicono cosa hai messo sui ripiani e ad assistenti domestici (si pensi ad Amazon Echo e a Google Home) che ci permettono di controllare il nostro appartamento semplicemente parlando alle intelligenze artificiali ivi installate.
Con il crimine informatico non si può mai stare tranquilli, è evidente: ogni giorno hacker e malintenzionati in ogni parte del mondo escogitano nuovi modi per carpire informazioni e dati sensibili – spesso anche al fine di estorcere denaro – mettendo seriamente a repentaglio la sicurezza degli utenti del web.
Le minacce informatiche con cui gli esperti di cybersecurity di tutto il mondo si devono quotidianamente misurare sembrano provenire sempre più spesso da Google Play Store, l’app marketplace ideata dalla nota azienda californiana che mette a disposizione dei propri clienti numerosi servizi digitali. Malware e virus si annidano ormai troppo frequentemente tra le applicazioni presenti nel negozio online di casa Google, la cui unica strategia per il momento è consistita nell’eliminazione dal Play Store delle app fraudolente, cui non è mai seguito un vero e proprio cambio di rotta nelle policy di sicurezza.
Nonostante la sempre maggiore digitalizzazione della nostra società, la percezione dei pericoli informatici da parte degli utenti non sembra essere aumentata di pari passo: le truffe informatiche tramite pratiche di phishing, malware, trojan virus e catene fraudolente e data breach sono infatti ormai all’ordine del giorno nonostante le misure di sicurezza siano ovunque aumentate in modo esponenziale negli ultimi anni.
Le truffe informatiche, come è noto, sono episodi ormai all’ordine del giorno: sono infatti frequentissimi e diversissimi gli attacchi dei malintenzionati del web ai danni di normali utenti della rete e grandi aziende.
Molto spesso, per ragioni di sicurezza dei dati, spesso questi ultimi bersagli rivelano i data breach da loro subiti solo tempo dopo che l’attacco hacker è andato a bersaglio: è il caso dell’episodio che ha colpito i correntisti di Unicredit, che il 28 ottobre scorso ha reso noto al pubblico una grave violazione della privacy dei suoi clienti avvenuta su un database risalente all’ormai lontano 2015.
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