Quando di parla di certificazioni in ambito IT si apre la discussione del secolo.
Schiere di esperti che decantano le certificazioni “riconosciute” per ogni settore dell’IT e per ogni livello di professionalità.
Finché si parla di certificazioni IT su prodotti, i vari Vendor la fanno da padrone; ecco che Microsoft rilascia esami di certificazione per riconoscere le competenze sui propri prodotti, seguita poi da tutti gli altri, da Cisco a Red Hat (non me ne vogliano i brand che non ho menzionato).
Quando si esce dalla certificazione di prodotto e si entra in quella riguardante un particolare ambiente, come la Cybersecurity, il gioco si fa più interessante.
Innanzitutto, bisogna chiarire cosa significa certificazione “riconosciuta”.
Non esistono enti nazionali o sovranazionali che riconoscano una certificazione, quindi il termine “riconosciuta” è abusato
Una minaccia sotto forma di documento Office è stata nuovamente vista in natura.
Si tratta di una falla di sicurezza già segnalata a Microsoft in aprile quando l’analista Kevin Beaumont ne ha trovato traccia in attacchi contro obiettivi russi (anche se VirusTotal indica obiettivi anche Bielorussi): questa segnalazione però non ha portato dei rimedi immediati, anzi, la società di Redmond ha ignorato inizialmente la questione indicandola come una questione “non di sicurezza”.
In concreto si tratta della vulnerabilità CVE-2022-30190, ora salita agli altari della cronaca dopo che l’Unità 42 di Palo Alto ne ha evidenziato tracce di utilizzo in natura, benché ancora come semplici prove (hanno visto dalla telemetria dei loro clienti l’attivazione mediante questa debolezza di eseguibili “benigni” quali calc e notepad: per ora “benigni”).